Premessa
La possibilità di determinare il reddito secondo criteri forfetari è prevista dall’art. 80 del “Codice”. Si pone quindi il dubbio se gli enti iscritti nel Registro unico nazionale, e che adotteranno il predetto regime forfetario, possano o meno tenere le medesime scritture contabili degli enti che decideranno di non iscriversi nel predetto registro e che determineranno il reddito secondo il regime forfetario di cui all’art. 145 del TUIR.
Regime forfetario degli enti Terzo settore non commerciali
Il regime in rassegna è riservato agli enti del Terzo settore non commerciali secondo la definizione desumibile dall’art. 79, comma 5 del citato D.Lgs n. 117/2017. È necessario, quindi, che i costi siano superiori ai proventi relativi alle attività di cui all’art. 5, ovvero se tale condizione non risulterà verificata che i proventi così realizzati e le entrate di cui all’art. 6 del “Codice” non siano superiori alle entrate istituzionali quali le quote associative, i contributi, le liberalità, etc..
La possibilità di determinare il reddito secondo i criteri forfetari in esame è subordinata all’esercizio dell’opzione tramite comportamento concludente. L’ambito applicativo della disposizione è limitato alle imposte sui redditi per la determinazione del reddito d’impresa. Invece l’imposta sul valore aggiunto deve essere determinata analiticamente secondo i criteri ordinari. L’ente dovrà liquidare il tributo effettuando la differenza tra l’Iva relativa alle operazioni imponibili e l’Iva assolta sugli acquisti, tenendo eventualmente in considerazione le cause di indetraibilità oggettiva previste dall’art. 19-bis1 del D.P.R. n. 633/1972.
Il reddito deve essere determinato applicando ai ricavi conseguiti nell’esercizio delle attività di cui agli articoli 5 e 6, quando svolte con modalità commerciali, i coefficienti di redditività previsti dall’art. 80 in rassegna.
I coefficienti sono diversificati per le attività aventi ad oggetto le prestazioni di servizi rispetto alle altre attività. Nel primo caso i coefficienti sono del 7, 10 e 17 per cento. Invece per le cessioni di beni sono inferiori e sono del 5, 7 e 14 per cento.
Le misure sono variabili a seconda della fascia di ricavi. Si parte da un importo di ricavi fino a 130.000 euro fino all’ultima fascia per i ricavi di importo superiore a 300.000 euro. Non è previsto, quindi, alcun limite dimensionale diversamente dal regime di cui all’art. 145 del TUIR. In quest’ultimo caso, infatti, è possibile determinare il reddito secondo i criteri di tipo forfetario ivi contenuti laddove i ricavi commerciali non siano superiori a 309.874,1 euro per le prestazioni di servizi e a 516.456,9 per le cessioni di beni. Una volta superate le predette soglie il contribuente dovrà “uscire” dal predetto regime forfetario. Invece gli enti del Terzo settore che adotteranno il regime di cui all’art. 80 potranno applicare i criteri forfetari ivi contenuti indipendentemente dall’ammontare dei ricavi commerciali conseguiti.
La disposizione, nel disciplinare l’applicazione dei coefficienti di redditività, fa riferimento ai “ricavi conseguiti”. Pertanto assumeranno rilievo i ricavi maturati indipendentemente dall’avvenuto incasso degli stessi.
Per gli enti che esercitano contemporaneamente prestazioni di servizi ed altre attività, il coefficiente si determina con riferimento all’ammontare dei ricavi relativi all’attività prevalente. In mancanza della distinta annotazione dei ricavi si considerano prevalenti le attività di prestazioni di servizi.
Dopo l’applicazione dei predetti coefficienti di redditività l’ente del Terzo settore dovrà aggiungere i componenti positivi di reddito di cui agli articoli 86, 88, 89 e 90 del TUIR al fine di determinare il reddito imponibile da assoggettare ad imposizione. Si tratta delle plusvalenze patrimoniali, delle sopravvenienze attive, dei dividendi ed interessi e dei proventi immobiliari. Invece sono esclusi, e quindi non partecipano alla determinazione del reddito imponibile, i componenti positivi e negativi non indicati espressamente dal legislatore. Ad esempio non potranno essere considerate a tal fine le minusvalenze patrimoniali.
I registri Iva
I soggetti che opteranno per la determinazione del reddito in base al regime forfetario previsto dall’art. 80 in rassegna continueranno a liquidare l’Iva secondo le modalità ordinarie di cui al D.P.R. n. 633/1972. Conseguentemente dovranno istituire il libro delle fatture di cui all’art. 23, il libro dei corrispettivi previsto dall’art. 24 ed il registro degli acquisti di cui al successivo articolo 25.
Sul punto deve osservarsi come l’art. 87 del D.Lgs n. 117/2017, avente ad oggetto la disciplina degli obblighi contabili ai fini fiscali, non contenga una disposizione analoga a quella prevista dall’art. 20, comma 3 del D.P.R. n. 600/1973 riguardante, più in generale, gli enti del Terzo settore che non sono iscritti nel registro unico nazionale.
L’art. 20 citato prevede che "Gli enti soggetti alla determinazione forfetaria del reddito ai sensi del comma 1 dell’art. 145 del TUIR assolvono gli obblighi contabili "secondo le disposizioni di cui al comma 166 dell’articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662". Si tratta, nello specifico, di una semplificazione contabile che consente ai predetti soggetti di annotare i corrispettivi, con periodicità trimestrale, in un prospetto conforme a quello approvato con il D.M. 11 febbraio 1997. Tale prospetto, utilizzabile in passato dai contribuenti c.d. “supersemplificati”, può essere impiegato in sostituzione del libro delle fatture e dei corrispettivi. La semplificazione riguarda esclusivamente gli enti di minori dimensioni ed in particolare gli enti che hanno conseguito nell’anno solare precedente ricavi non superiori a 15.493,71 euro, relativamente alle attività di prestazione di servizi, ovvero a euro 25.822,84 negli altri casi.
Diversamente gli enti del Terzo settore non commerciali, che si avvalgono del regime di cui all’art. 80 del D.Lgs. n. 117/2017, non possono fruire della semplificazione in rassegna. Ciò in quanto l’art. 87, avente ad oggetto la disciplina degli obblighi contabili ai fini fiscali, non contiene una disposizione dal tenore analogo all’art. 20. Conseguentemente gli enti iscritti nel Registro unico nazionale dovranno istituire il libro delle fatture, degli acquisti e dei corrispettivi. Inoltre non potranno annotare i corrispettivi con periodicità trimestrale, ma dovranno osservare la periodicità di registrazione prevista dal D.P.R. n. 633/1972.
La mera tenuta dei registri Iva sarà considerata fiscalmente idonea indipendentemente dal volume d’affari conseguito.
Le scritture contabili ai fini delle imposte sui redditi
Gli enti in rassegna determinano il reddito sulla base di criteri di tipo forfetario. Pertanto la mera istituzione dei registri Iva può considerarsi in linea di principio sufficiente. Deve però osservarsi come anche i predetti enti siano obbligati alla redazione del relativo bilancio. Pertanto, anche ai fini delle imposte sui redditi deve prevedersi un impianto contabile che consenta di assolvere correttamente tale obbligo. A tal fine l’art. 87, comma 1, lett. a) del citato D.Lgs n. 117/2017 prevede che gli enti del terzo settore, “a pena di decadenza dai benefici fiscali” per essi previsti devono “in relazione all’attività complessivamente svolta, redigere scritture contabili cronologiche e sistematiche atte ad esprimere con compiutezza e analiticità le operazioni poste in essere in ogni periodo di gestione, e rappresentare adeguatamente in apposito documento, da redigere entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale, la situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’ente …”.
Riferimenti normativi:
- D.Lgs. 3 luglio 2017 n. 117;
- D.P.R. 29 settembre 1972 n. 600 art. 20.
Enti del Terzo settore: coefficienti di redditività ed obblighi contabili
di Nicola Forte | 20 Marzo 2018
Il D.Lgs. 3 luglio 2017 n. 117, avente ad oggetto la “Riforma del Terzo settore,” prevede la possibilità di determinare il reddito in base ad un regime forfetario simile a quello disciplinato dall’art. 145 del TUIR. Ai fini Iva dovranno essere istituiti il libro delle fatture, dei corrispettivi e degli acquisti. Invece non sarà possibile fruire della stessa semplificazione riguardante gli enti non commerciali non iscritti nel registro unico nazionale con l’annotazione dei corrispettivi secondo periodicità trimestrale in un apposito prospetto conforme a quello previsto dal D.M. 11 febbraio 1997, ed utilizzato in passato dai contribuenti c.d. “supersemplificati”.
Premessa
La possibilità di determinare il reddito secondo criteri forfetari è prevista dall’art. 80 del “Codice”. Si pone quindi il dubbio se gli enti iscritti nel Registro unico nazionale, e che adotteranno il predetto regime forfetario, possano o meno tenere le medesime scritture contabili degli enti che decideranno di non iscriversi nel predetto registro e che determineranno il reddito secondo il regime forfetario di cui all’art. 145 del TUIR.
Regime forfetario degli enti Terzo settore non commerciali
Il regime in rassegna è riservato agli enti del Terzo settore non commerciali secondo la definizione desumibile dall’art. 79, comma 5 del citato D.Lgs n. 117/2017. È necessario, quindi, che i costi siano superiori ai proventi relativi alle attività di cui all’art. 5, ovvero se tale condizione non risulterà verificata che i proventi così realizzati e le entrate di cui all’art. 6 del “Codice” non siano superiori alle entrate istituzionali quali le quote associative, i contributi, le liberalità, etc..
La possibilità di determinare il reddito secondo i criteri forfetari in esame è subordinata all’esercizio dell’opzione tramite comportamento concludente. L’ambito applicativo della disposizione è limitato alle imposte sui redditi per la determinazione del reddito d’impresa. Invece l’imposta sul valore aggiunto deve essere determinata analiticamente secondo i criteri ordinari. L’ente dovrà liquidare il tributo effettuando la differenza tra l’Iva relativa alle operazioni imponibili e l’Iva assolta sugli acquisti, tenendo eventualmente in considerazione le cause di indetraibilità oggettiva previste dall’art. 19-bis1 del D.P.R. n. 633/1972.
Il reddito deve essere determinato applicando ai ricavi conseguiti nell’esercizio delle attività di cui agli articoli 5 e 6, quando svolte con modalità commerciali, i coefficienti di redditività previsti dall’art. 80 in rassegna.
I coefficienti sono diversificati per le attività aventi ad oggetto le prestazioni di servizi rispetto alle altre attività. Nel primo caso i coefficienti sono del 7, 10 e 17 per cento. Invece per le cessioni di beni sono inferiori e sono del 5, 7 e 14 per cento.
Le misure sono variabili a seconda della fascia di ricavi. Si parte da un importo di ricavi fino a 130.000 euro fino all’ultima fascia per i ricavi di importo superiore a 300.000 euro. Non è previsto, quindi, alcun limite dimensionale diversamente dal regime di cui all’art. 145 del TUIR. In quest’ultimo caso, infatti, è possibile determinare il reddito secondo i criteri di tipo forfetario ivi contenuti laddove i ricavi commerciali non siano superiori a 309.874,1 euro per le prestazioni di servizi e a 516.456,9 per le cessioni di beni. Una volta superate le predette soglie il contribuente dovrà “uscire” dal predetto regime forfetario. Invece gli enti del Terzo settore che adotteranno il regime di cui all’art. 80 potranno applicare i criteri forfetari ivi contenuti indipendentemente dall’ammontare dei ricavi commerciali conseguiti.
La disposizione, nel disciplinare l’applicazione dei coefficienti di redditività, fa riferimento ai “ricavi conseguiti”. Pertanto assumeranno rilievo i ricavi maturati indipendentemente dall’avvenuto incasso degli stessi.
Per gli enti che esercitano contemporaneamente prestazioni di servizi ed altre attività, il coefficiente si determina con riferimento all’ammontare dei ricavi relativi all’attività prevalente. In mancanza della distinta annotazione dei ricavi si considerano prevalenti le attività di prestazioni di servizi.
Dopo l’applicazione dei predetti coefficienti di redditività l’ente del Terzo settore dovrà aggiungere i componenti positivi di reddito di cui agli articoli 86, 88, 89 e 90 del TUIR al fine di determinare il reddito imponibile da assoggettare ad imposizione. Si tratta delle plusvalenze patrimoniali, delle sopravvenienze attive, dei dividendi ed interessi e dei proventi immobiliari. Invece sono esclusi, e quindi non partecipano alla determinazione del reddito imponibile, i componenti positivi e negativi non indicati espressamente dal legislatore. Ad esempio non potranno essere considerate a tal fine le minusvalenze patrimoniali.
I registri Iva
I soggetti che opteranno per la determinazione del reddito in base al regime forfetario previsto dall’art. 80 in rassegna continueranno a liquidare l’Iva secondo le modalità ordinarie di cui al D.P.R. n. 633/1972. Conseguentemente dovranno istituire il libro delle fatture di cui all’art. 23, il libro dei corrispettivi previsto dall’art. 24 ed il registro degli acquisti di cui al successivo articolo 25.
Sul punto deve osservarsi come l’art. 87 del D.Lgs n. 117/2017, avente ad oggetto la disciplina degli obblighi contabili ai fini fiscali, non contenga una disposizione analoga a quella prevista dall’art. 20, comma 3 del D.P.R. n. 600/1973 riguardante, più in generale, gli enti del Terzo settore che non sono iscritti nel registro unico nazionale.
L’art. 20 citato prevede che "Gli enti soggetti alla determinazione forfetaria del reddito ai sensi del comma 1 dell’art. 145 del TUIR assolvono gli obblighi contabili "secondo le disposizioni di cui al comma 166 dell’articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662". Si tratta, nello specifico, di una semplificazione contabile che consente ai predetti soggetti di annotare i corrispettivi, con periodicità trimestrale, in un prospetto conforme a quello approvato con il D.M. 11 febbraio 1997. Tale prospetto, utilizzabile in passato dai contribuenti c.d. “supersemplificati”, può essere impiegato in sostituzione del libro delle fatture e dei corrispettivi. La semplificazione riguarda esclusivamente gli enti di minori dimensioni ed in particolare gli enti che hanno conseguito nell’anno solare precedente ricavi non superiori a 15.493,71 euro, relativamente alle attività di prestazione di servizi, ovvero a euro 25.822,84 negli altri casi.
Diversamente gli enti del Terzo settore non commerciali, che si avvalgono del regime di cui all’art. 80 del D.Lgs. n. 117/2017, non possono fruire della semplificazione in rassegna. Ciò in quanto l’art. 87, avente ad oggetto la disciplina degli obblighi contabili ai fini fiscali, non contiene una disposizione dal tenore analogo all’art. 20. Conseguentemente gli enti iscritti nel Registro unico nazionale dovranno istituire il libro delle fatture, degli acquisti e dei corrispettivi. Inoltre non potranno annotare i corrispettivi con periodicità trimestrale, ma dovranno osservare la periodicità di registrazione prevista dal D.P.R. n. 633/1972.
La mera tenuta dei registri Iva sarà considerata fiscalmente idonea indipendentemente dal volume d’affari conseguito.
Le scritture contabili ai fini delle imposte sui redditi
Gli enti in rassegna determinano il reddito sulla base di criteri di tipo forfetario. Pertanto la mera istituzione dei registri Iva può considerarsi in linea di principio sufficiente. Deve però osservarsi come anche i predetti enti siano obbligati alla redazione del relativo bilancio. Pertanto, anche ai fini delle imposte sui redditi deve prevedersi un impianto contabile che consenta di assolvere correttamente tale obbligo. A tal fine l’art. 87, comma 1, lett. a) del citato D.Lgs n. 117/2017 prevede che gli enti del terzo settore, “a pena di decadenza dai benefici fiscali” per essi previsti devono “in relazione all’attività complessivamente svolta, redigere scritture contabili cronologiche e sistematiche atte ad esprimere con compiutezza e analiticità le operazioni poste in essere in ogni periodo di gestione, e rappresentare adeguatamente in apposito documento, da redigere entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio annuale, la situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’ente …”.
Riferimenti normativi:
Sullo stesso argomento:Terzo settore
Cosa prevede l'articolo 80 del 'Codice' in merito alla determinazione del reddito?
L'articolo 80 del 'Codice' prevede la possibilità di determinare il reddito secondo criteri forfetari.
A chi è riservato il regime forfetario descritto nell'articolo 79, comma 5 del D.Lgs n. 117/2017?
Il regime forfetario è riservato agli enti del Terzo settore non commerciali.
Quali sono i requisiti per poter determinare il reddito secondo i criteri forfetari?
È necessario che i costi siano superiori ai proventi relativi alle attività o che i proventi così realizzati e le entrate non siano superiori alle entrate istituzionali quali le quote associative, i contributi, le liberalità, etc.
Qual è l'ambito applicativo della possibilità di determinare il reddito secondo i criteri forfetari?
L'ambito applicativo della disposizione è limitato alle imposte sui redditi per la determinazione del reddito d'impresa.
Quali componenti di reddito devono essere aggiunti al reddito determinato applicando i coefficienti di redditività?
Dopo l'applicazione dei coefficienti di redditività, l'ente del Terzo settore dovrà aggiungere i componenti positivi di reddito di cui agli articoli 86, 88, 89 e 90 del TUIR.