Circolare monografica
EMERGENZA CORONAVIRUS, SOCIETÀ

La FNC detta indicazioni sull’impatto del Coronavirus sulla continuità aziendale

Strategie di redazione dei bilanci relativi agli esercizi 2019, 2020 e infrannuali

di Francesco Barone | 29 Aprile 2020
La FNC detta indicazioni sull’impatto del Coronavirus sulla continuità aziendale

La Fondazione nazionale dei commercialisti, in collaborazione con la Società italiana dei docenti di ragioneria e di economia aziendale, ha pubblicato un primo contributo sui riflessi in bilancio dell’emergenza pandemica, prendendo in esame le problematiche esistenti alla luce dei principali orientamenti di dottrina e prassi. A parere dei due enti, il tema della continuità aziendale merita particolare attenzione nei bilanci in approvazione entro il prossimo mese di giugno, con un probabile interessamento per molte società anche per i bilanci dell’esercizio in corso.

Premessa

L’emergenza epidemiologica Covid-19 ha inciso molto sul prosieguo delle attività economiche. I danni a livello produttivo che vanno definendosi, infatti, metteranno a dura prova grandi e piccole imprese.

Le società che stanno per approvare il bilancio relativo all’esercizio 2019 non hanno una reale chiara percezione del futuro, stante che ancora sono indecifrabili l’impatto effettivo dell’emergenza, nonché le misure di contrasto alla pandemia che saranno poste in essere a livello nazionale e di Unione europea.

Anche se il decreto “liquidità” (D.L. 8 aprile 2020, n. 23) è intervenuto con delle norme appropriate, è necessario capire i riflessi in bilancio dell’emergenza pandemica, tenendo in debita considerazione il tema della continuità aziendale.

Il documento del 20 aprile 2020 della Fondazione nazionale dei commercialisti, in collaborazione con la Società italiana dei docenti di ragioneria e di economia aziendale, muovendo dalla situazione attuale, analizza e considera anche i presumibili effetti (e le manovre di reazione) che potranno svilupparsi nel medio-tempo, ossia nel bilancio 2020.

Tuttavia, è scritto nel documento, “occorre premettere che, nel contesto attuale e date le diverse circostanze in cui ciascuna impresa potrà trovarsi, non è possibile, in questa sede, dare indicazioni puntuali: saranno, pertanto, gli amministratori, in quanto responsabili del bilancio, che dovranno fornire le informazioni relative alle specifiche vicende.”.

 

La continuità aziendale

Come già precisato, il tema della continuità aziendale riveste un ruolo centrale nel processo di redazione dei bilanci 2019 e 2020, in quanto si “naviga” nell’incertezza sui tempi e sulle modalità di uscita dall’emergenza sanitaria in atto.

Gli estensori del documento evidenziano che al legislatore non è sfuggito l’attuale periodo di difficoltà che le imprese stanno attraversando e, quindi, ha rivisto temporaneamente, per il periodo straordinario dell’emergenza pandemica, anche i criteri di redazione e, nello specifico, le assunzioni in tema di going concern.

In proposito, l’art. 7 del D.L. n. 23/2020 dispone che la valutazione delle voci di bilancio, nel senso della continuità aziendale, possa essere operata, qualora sussistente nell’ultimo bilancio di esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020, anche se lo stesso non fosse stato ancora formalmente approvato.

Le società possono comunque avvalersi della facoltà riconosciuta ai sensi dell’art. 106, comma 1, del D.L 17 marzo 2020, n. 18 , che fissa il termine entro il quale l’assemblea deve essere convocata per l’approvazione del bilancio in centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio, in luogo dei centoventi giorni previsti dagli artt. 2364, secondo comma, e 2478-bis c.c.

Per consentire, anche ai fini della revisione del bilancio, una migliore comprensione del bilancio medesimo, è inoltre richiesto che la nota integrativa che lo accompagna illustri, in maniera dettagliata, il criterio di valutazione adottato, anche richiamando le risultanze del bilancio precedente.

A parere dei commercialisti, la norma, pur riferendosi direttamente alla «redazione del bilancio di esercizio in corso al 31 dicembre 2020», si applica, in virtù del richiamo fatto al comma 2 del citato art. 7, anche ai bilanci chiusi al 31 dicembre 2019 non ancora approvati.

Come si evince anche dalla relazione illustrativa, tale disposto risulta valido anche per i bilanci che hanno un periodo amministrativo che presenti una chiusura compresa tra il 1° gennaio e il 23 febbraio 2020, data in cui sono collocate le prime misure collegate con l’emergenza.

La prospettiva della continuità aziendale viene, quindi, “congelata”, in attesa che il quadro normativo ed economico sia riportato a normalità, anche al fine di evitare che siano adottati “criteri deformati”.

Infatti, nel documento viene evidenziato che, secondo quanto affermato nella relazione illustrativa, la norma in esame si è resa necessaria, in quanto la situazione anomala che si è creata comporterebbe, ove si applicassero regole elaborate con riferimento ad un panorama fisiologico e non patologico, l’obbligo per una notevolissima quantità di imprese di redigere i bilanci dell’esercizio in corso nel 2020 secondo criteri deformati, ed in particolare senza la possibilità di adottare l’ottica della continuità aziendale, con grave ricaduta sulla valutazione di tutte le voci del bilancio medesimo.

La preoccupazione del legislatore appare maggiormente rivolta ad evitare che la valutazione delle voci sia effettuata con criteri non di funzionamento.

Sull’argomento il caso n. 5/2020 di Assonime ha evidenziato che, pur se l’operazione di “congelamento” fa chiaramente riferimento alle imprese OIC adopter, le indicazioni fornite possono essere considerate utili anche per le società che redigono i bilanci secondo i principi IAS, considerata che la finalità generale del provvedimento (conservare ai bilanci una concreta e corretta valenza informativa, anche nei confronti dei terzi, rispetto a un fenomeno eccezionale ma temporaneo) risponde a un’esigenza comune di tutto il mondo delle imprese, ivi comprese le società quotate.

Per i bilanci relativi all’esercizio 2019, la norma sembrerebbe presupporre, quindi, la capacità dell’impresa di compiere previsioni attendibili circa la continuità operativa, quantomeno fino al termine dell’esercizio 2020, senza considerare l’effetto dell’emergenza pandemica.

I due enti estensori del documento, in virtù di quanto precede, considerano quali debbano essere le migliori assunzioni contabili che possano essere effettuate per la predisposizione dei bilanci degli esercizi 2019 e 2020 e quali siano gli scenari da riportare a livello informativo.

Si pone il problema se vadano utilizzati, per l’accertamento della continuità, i risultati dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2018, oppure quelli risultanti da una situazione economico-patrimoniale al 31 dicembre 2019.

La scelta impone di bilanciare, in attesa di modifiche e/o chiarimenti normativi, profili diversi. In ogni caso, è indubbio che la nota integrativa, come supporto alla “esistenza continuativa” di going concern antecedentemente all’emergenza Covid-19, debba fornire una illustrazione delle condizioni in cui verte l’impresa anche in prospettiva futura.

Viene, poi, ricordato che i principi contabili nazionali trattano della continuità aziendale nell’OIC 11, il cui par. 22, prevede che, nella fase di preparazione del bilancio, la direzione aziendale deve effettuare una valutazione prospettica della capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante, destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio.

Nei casi in cui, a seguito di tale valutazione prospettica, siano identificate significative incertezze in merito alla citata capacità, nella nota integrativa dovranno essere chiaramente fornite le informazioni relative:

  • ai fattori di rischio;
  • alle assunzioni effettuate;
  • alle incertezze identificate;
  • ai piani aziendali futuri per fare fronte a tali rischi ed incertezze.

Dovranno inoltre essere esplicitate le ragioni che qualificano come significative le incertezze esposte e le ricadute che esse possono avere sulla continuità aziendale.

In pratica, gli amministratori devono redigere il bilancio in un’ottica che l’impresa sarà in grado di realizzare le proprie attività e fare fronte alle proprie passività durante il normale svolgimento dell’attività aziendale. Tuttavia, nel momento in cui emergano fattori di rischio che insidiano la continuità aziendale, essi devono valutarli, prendendo le dovute misure (piani di azione) per fare fronte a tali rischi ed incertezze, fornendo nella nota integrativa le relative informazioni.

L’accertamento della continuità aziendale, pertanto, dovrebbe avvenire sulla base di valutazioni condotte con criteri ordinari, ma condizionate dal più ridotto orizzonte temporale, determinato dalla crisi aziendale in atto.

Tanto premesso, con riferimento ai bilanci 2019 e 2020, i commercialisti ipotizzano due fattispecie:

I caso

 

II caso

 Assumono, quindi, rilevanza specifica le informazioni qualitative e quantitative, attraverso le quali va illustrato lo scenario (o gli scenari) di riferimento su «un prevedibile arco temporale futuro» che, a fronte dell’emergenza sanitaria in atto, deve necessariamente essere esteso, tenendo conto che dette informazioni devono essere connotate da un livello adeguato di affidabilità e verificabilità.

Il documento in esame fornisce, poi, alcune prime indicazioni e proposte di soluzione con riguardo:

  • ai bilanci relativi all’esercizio 2019;
  • ai bilanci relativi all’esercizio 2020 e ai bilanci infra annuali;
  • al codice della crisi e dell’insolvenza e al ruolo del bilancio.

 

I bilanci relativi all’esercizio 2019

L’epidemia Covid-19 è un evento che si è manifestato successivamente al 31 dicembre 2019.

I redattori del documento in esame ritengono, quindi, che l’emergenza epidemiologica non produca effetti economici, finanziari e patrimoniali sui bilanci chiusi al 31 dicembre 2019, poiché si configura, in sostanza, un evento di competenza dell’esercizio 2020 e, come tale, non produce effetti sui valori dei bilanci dell’esercizio 2019.

Sul punto anche Assonime ha chiarito che il Covid-19 non rientra tra quei fatti che richiedono variazioni dei valori di bilancio relativo al 2019, in quanto di competenza dell’esercizio 2020.

Per i motivi esposti, Covid-19 non produce effetti con riferimento al calcolo delle perdite durevoli di valore delle immobilizzazioni.

L’evento emergenziale, invece, deve essere argomentato nella nota integrativa nell’ambito dei “fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio”, nonché nella relazione sulla gestione nella parte relativa alla “evoluzione prevedibile della gestione”. Questo è anche l’orientamento di Assonime, la quale ha precisato che i valori di bilancio relativi all’esercizio 2019 non richiedono una variazione dei valori contenuti nei prospetti e sarà nella nota integrativa che dovranno essere fornite informazioni, quando tali eventi siano considerati rilevanti per la società.

Tenuto conto che, per la gran parte delle imprese, l’evento è successivo alla chiusura dell’esercizio e che si tratta di un fenomeno avente caratteristiche del tutto peculiari, la Fondazione suggerisce di inserire in un unico punto le due tipologie informative (fatti di rilievo ed evoluzione prevedibile), così da rendere l’informativa più strutturata ed efficace, rinviando se del caso, dalla relazione sulla gestione alla nota integrativa.

Nella parte qualitativa e descrittiva della nota integrativa e della relazione sulla gestione, vanno indicati gli elementi informativi aggregati per aree di attività, ossia:

  • attività operativa;
  • attività di investimento;
  • attività di finanziamento;
  • attività di ristrutturazione e/o di cambio del business model.

Il documento fornisce una elencazione, non esaustiva, di tali elementi, che, se indicabili con attendibilità, potrebbero, in pratica, riguardare informazioni relative:

  • alla contrazione dei ricavi attesa nel corso del 2020;
  • all’impatto sui contratti esistenti;
  • all’andamento della filiera o del settore di appartenenza;
  • alla rinegoziazione dei debiti;
  • alla ridefinizione delle politiche di investimento;
  • alle eventuali ristrutturazioni o modifiche nel business model (soprattutto, per realtà interessate da processi di riconversione);
  • alle politiche sul personale;
  • all’andamento reddituale atteso;
  • alle politiche sul capitale circolante (regolarità incassi/pagamenti, assorbimento del magazzino);
  • alla sostenibilità a fronte di distribuzione di dividendi (sia legati all’utile prodotto, sia a riserve esistenti);
  • alla modifica nelle politiche di tesoreria di gruppo (introduzione di cash pooling).

 

Bilanci 2020 e bilanci infrannuali

La crisi economica si manifesterà in modo eclatante nell’esercizio 2020, anno in cui “fa da padrone” Covid-19, che ha provocato la sospensione dell’esercizio dell’attività per la maggior parte delle aziende.

In questo contesto, sembra facile prevedere che le società (e non solo) produrranno delle perdite che potrebbero “minare” la continuità aziendale, con conseguente liquidazione delle società stesse.

Sul punto, tuttavia, il legislatore è corso ai ripari, in quanto ha “bloccato” tutti gli adempimenti che gli amministratori avrebbero dovuto effettuare in presenza di perdite tali da intaccare il capitale sociale di oltre un terzo.

Con l’art. 6 del D.L 8 aprile 2020, n. 23 , infatti, viene disposto che, a decorrere dalla data del 9 aprile 2020 (data di entrata in vigore del decreto) e fino alla data del 31 dicembre 2020, non si applicano gli artt. 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quartoquinto e sesto, e 2482-ter c.c. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, primo comma , n. 4), e 2545-duodecies c.c.

Nei fatti, le società non saranno obbligate ad effettuare la ricapitalizzazione ovvero a ridurre il capitale, qualora la perdita sia di oltre un terzo del capitale stesso.

La novella, inoltre, stabilisce l’inapplicabilità delle disposizioni, di cui all’art. 2484, primo comma , n. 4), c.c., attinente allo scioglimento delle s.p.a., s.a.p.a. e s.r.l., in caso di riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, nonché dell’art. 2545-duodecies  c.c.c.c., riguardante lo scioglimento delle società cooperative.

Nel documento viene preso atto di queste novità; tuttavia, i commercialisti ritengono ancor più fondamentale, come approccio generale, salvaguardare la funzione informativa del bilancio, onde permettere a tale documento di mostrare le eventuali perdite subite e programmare in modo appropriato la gestione futura.

Non appare, tuttavia, necessario “modificare” i principi o proporre soluzioni contabili ad hoc; piuttosto, è sufficiente attuare un percorso interpretativo per applicare i principi alla luce di un fenomeno peculiare”.

Secondo la Fondazione, gli aspetti da approfondire sono:
1. il mantenimento delle previsioni normative in tema di informativa ai soci e l’ampliamento, secondo linee guida definite, della parte illustrativa degli effetti Covid-19, riprendendo anche quanto deciso in merito al bilancio 2019;
2. l’identificazione dell’impatto della crisi sul reddito prodotto e su alcuni indicatori alternativi di performance, con particolare riguardo all’Ebitda, utilizzato in molti covenant;
3. il suggerimento alle imprese di modeste dimensioni di tenere sistemi di controllo interno della gestione della liquidità;
4. la modalità di trattamento contabile e di illustrazione dell’eventuale risarcimento statale o delle eventuali agevolazioni ricevute.

 

Codice della crisi d’impresa

Sul punto il documento evidenzia l’estrema importanza, nel contesto dell’emergenza sanitaria, dello slittamento del termine di entrata in vigore del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, noto come codice delle crisi d’impresa e dell’insolvenza. Infatti, l'art. 5 del D.L. n. 23/2020 ne differisce l’entrata in vigore al 1° settembre 2021.

Occorre capire, è scritto nel documento, nel periodo emergenziale, che ruolo rivestono gli indici di allerta di emersione della crisi, visto che non tutti i settori hanno risentito in modo analogo dell’emergenza:

  • alcuni non hanno mai interrotto l’attività, come, per esempio, le catene alimentari e ampi settori della GDO;
  • altri stanno subendo perdite ingenti e rischiano di vedere completamente stravolto il loro ruolo nei mercati, soprattutto internazionali.

Da una parte, dunque, è da escludere l’applicazione indistinta a tutte le imprese degli indicatori di allerta, dall’altra, premesso che l’attuale disciplina fallimentare resta pur sempre vigente, rinviare di un anno potrebbe significare, per molte realtà, un declino ancora più rapido, con forti costi sociali ed economici, causati dai ritardi nell’affrontare la situazione.

Infatti, rinviare tutto al 2021, per certe imprese può significare perdere due/tre anni e certamente uscire dal mercato.

 

 

Riferimenti normativi:

 

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