Rassegna di Giurisprudenza
CORTE DI CASSAZIONE

Rassegna di Giurisprudenza 24 ottobre 2025, n. 619

di Benedetta Cargnel | 24 Ottobre 2025
Rassegna di Giurisprudenza 24 ottobre 2025, n. 619

Il Fatto

Un lavoratore impugnava il licenziamento intimatogli per superamento del periodo di comporto.

La Corte d'Appello, in riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda ritenendo che le uniche assenze ulteriori giustificabili sono solo le patologie che richiedono la sottoposizione a terapie salvavita o assimilabili.

Il lavoratore proponeva ricorso per cassazione.

Il Diritto

La Corte ribadisce che la nozione di "malattia particolarmente grave" ha natura elastica (clausola generale) e la sua interpretazione deve tener conto del senso letterale, dell'intero atto negoziale e dell'evoluzione della scienza medica. I giudici di merito si sono  conformati ai corretti principi ermeneutici, interpretando il concetto di "malattie particolarmente gravi" nel senso di patologie che richiedono terapie salvavita, ossia quelle connotate da gravità della condizione patologica e dalla necessità di trattamenti indispensabili alla sopravvivenza o al miglioramento della qualità della vita. In quel caso è onere del lavoratore inviare una certificazione medica che attesti la sopravvenienza di una patologia grave che richieda una terapia salvavita, al fine di escludere l'onere del datore di lavoro di classificare e qualificare la patologia.

Poiché nel caso di specie mancava tale prova, la corte rigetta il ricorso.

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Sintesi elaborata da MySolution IA:
La Corte di Cassazione conferma che solo malattie gravi con terapie salvavita estendono il periodo di comporto, rigettando il ricorso per mancanza di certificazione medica.