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Concordato preventivo: quando emettere la nota di variazione IVA

4 Novembre 2025
Concordato preventivo: quando emettere la nota di variazione IVA

Con la Risposta ad interpello 3 novembre 2025, n. 276, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti sulla possibilità di emettere nota di variazione per la quota di credito falcidiata dal piano omologato, nonostante la presenza di due procedure concorsuali succedutesi nel tempo.

Fattispecie

Un’impresa vantava un credito verso una società debitrice soggetta a concordato preventivo omologato nel 2016, che prevedeva un pagamento del 10% del credito stesso. Successivamente, nel 2024, il tribunale:

  • senza aver preventivamente dichiarato la risoluzione del precedente concordato (causa intervenuta scadenza del termine annuale),
  • dichiarava aperta la liquidazione giudiziale, con conseguente riduzione del credito ammesso al passivo e falcidia del 90%.

Tanto premesso, l’istante chiedeva al Fisco di chiarire se e quando fosse possibile emettere la nota di variazione per recuperare l’IVA incorporata nella parte del credito non ammesso al passivo, considerando che tale quota era formalmente estinta per effetto della falcidia concordataria.

Normativa di riferimento

L’art. 26 del Decreto IVA dispone che se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli artt. 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’art. 25.

Il successivo comma 3-bis prevede che la disposizione si applica anche in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente:

  • a partire dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale o dalla data del Decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182-bis del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, o dalla data di pubblicazione nel Registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell’art. 67, comma 3, lettera d), del R.D. 16 marzo 1942, n. 267;
  • a causa di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose. Le disposizioni di cui all’art. 26, comma 3-bis, lettera a), tuttavia, si applicano alle procedure concorsuali avviate dal 26 maggio 2021 compreso.

I chiarimenti delle Entrate

L’Agenzia ricorda che in generale:

  • mentre per le procedure concorsuali aperte dopo il 26 maggio 2021 le note di variazione IVA possono essere emesse anche in assenza di esito infruttuoso della procedura,
  • per le procedure pendenti precedentemente al 26 maggio 2021, si applicano le regole ante-riforma, che prevedono l’attesa dell’accertamento definitivo dell’infruttuosità, come avviene al momento della formazione definitiva dello stato passivo;

Nel caso in esame, tuttavia, si ricade nell’ambito della c.d. “consecuzione tra procedure”, principio normato ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134 (art. 69-bis, comma 2, l. fall. oggi art. 170, comma 2, del Codice della Crisi di impresa) che:

  • si riferisce letteralmente alla “confluenza” di una procedura concorsuale, inizialmente attivata dall’imprenditore, nel successivo fallimento (oggi liquidazione giudiziale),
  • prescinde dalla mera successione cronologica tra procedure e richiede che venga riscontrata l’unicità di causa (cfr. Cassazione 11 giugno 2019, n. 15724), che va accertata in concreto da parte dell’autorità giudiziaria.

Come evidenziato dalle Entrate “la consecuzione fra il concordato preventivo e la liquidazione giudiziale sembrerebbe, dunque, acclarata dal giudice, essendo le due procedure originate da un medesimo unico presupposto costituito dallo ‘stato d’insolvenza’”: quindi:

  • si applica la disciplina ante 26 maggio 2011,
  • la nota può essere emessa solo quando è certa l’infruttuosità della procedura (cfr. circolare n. 77/2000 e n. 8/2017).

In particolare, per la parte di credito falcidiato e non ammesso al passivo, la nota di variazione in diminuzione può essere emessa solo alla data di definitività del decreto di formazione dello stato passivo, che segna la certezza dell’impossibilità di recupero. Per la parte ammessa al passivo, invece, bisogna attendere la definitiva conclusione infruttuosa della procedura.