Per effetto dell’art. 17, comma 3, del D.P.R. 633/72, in presenza di operazioni domestiche intercorrenti tra soggetti che in Italia non sono né stabiliti ai fini Iva, nè in possesso di una stabile organizzazione, il fornitore è tenuto ad emettere fattura con Iva utilizzando la partita Iva italiana, acquisita mediante:
La relativa Iva sarà addebitata secondo le regole ordinarie. In caso di errore da parte del cedente - il quale abbia fatturato con la partita Iva estera in regime di non imponibilità - e del cessionario - che abbia assolto l’Iva mediante reverse charge - si applica una sanzione amministrativa tra 250 e 10.000 euro (art. 6, comma 9-bis.2, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471; Circolare 11 maggio 2017, n. 16/E).
Al riguardo, con la Risposta all’istanza di interpello 28 aprile 2021, n. 301, l’Agenzia delle Entrate ha precisato quanto segue:
Con il documento da ultimo richiamato, l’Agenzia aveva ammesso l’applicabilità del ravvedimento operoso alla sanzione prevista dall’art. 6, comma 9-bis, terzo periodo, del D.Lgs. 471/1997, per le violazioni di cui all’art. 17, comma 2, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di reverse charge per le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate da soggetti non residenti.
Si ricorda che l’obbligo di applicare il meccanismo dell’inversione contabile nella fattispecie indicata è stato introdotto dall’art. 1, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 18/2010, che ha sostituito il richiamato secondo comma dell’art. 17 del decreto Iva.
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